Con la presente pronuncia, la Corte di Cassazione ha affrontato la problematica della successione nel tempo di norme extrapenali, relativamente alla modifica della disciplina del versamento dell’imposta di soggiorno da parte dei gestori delle strutture alberghiere e ricettive operata dall’art. 180, Decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020 (convertito nella L. n. 77 del 20 luglio 2020: c.d. Decreto rilancio), concludendo nel ritenere persistente la punibilità a titolo di peculato delle condotte appropriative poste in essere dall’albergatore prima dell’entrata in vigore del Decreto rilancio (19.05.2020).
Con l’art. 180 è stato infatti previsto l’inserimento del comma 1-ter all’interno dell’articolo 4, D.Lgs 14 marzo 2011 n. 23, con il quale si prevede che “il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno di cui al comma 1 e del contributo di soggiorno di cui all’art. 14, comma 16, lett. e) d.l. 31 maggio 2010 n. 78 conv. con modif. nella I. 30 luglio 2010 n. 122 con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. La dichiarazione deve essere presentata cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo, secondo le modalità approvate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato – città ed autonomie locali, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento. Per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell’importo dovuto. Per l’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno si applica una sanzione amministrativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471“.
Ai sensi della novella il gestore della struttura viene individuato (dall’entrata in vigore e quindi per il futuro) quale soggetto responsabile del pagamento dell’imposta (figura prevista e definita dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 64) di soggiorno e sottoposto alle sanzioni amministrative derivanti dal mancato versamento della stessa.
Con la modifica normativa viene pertanto esclusa in radice la configurabilità del delitto di peculato: il gestore della struttura ricettiva – non operando più come ausiliario dell’ente locale nella riscossione del tributo (il quale maneggiando pubblico denaro, fungeva da agente contabile con obbligo di rendiconto) – si sveste della qualifica di incaricato di pubblico servizio, con la conseguenza che il mancato versamento dell’imposta non sarà più sussumibile nella fattispecie delittuosa di peculato.
La Corte rileva poi come sul piano dogmatico ci si trovi al cospetto di una successione nel tempo di norme extrapenali in cui, per i fatti anteriori alla novella legislativa, è rimasto inalterato non solo il precetto (art. 314 c.p.), ma anche la qualifica soggettiva (art. 358 c.p.), la cui sussistenza è richiesta ai fini della punibilità a titolo di peculato, dovendosi di conseguenza escludere che la modifica del quadro di riferimento normativo di natura extra penale – che regola il versamento dell’imposta di soggiorno – abbia comportato un fenomeno di abolitio criminis.